Il Giornale di Vicenza, 20 Giugno 2016
La curiosità svelata durante il focus con Munari, Raimondi e Barbini. Bergamasco, Munari, Raimondi e Barbini. Quattro cognomi che a quelli con il cuore ovale non possono che far brillare gli occhi. Lo sanno bene le duecento persone che mercoledì sera, al ristorante Le Delizie di Camisano, hanno partecipato a “Un terzo tempo da campioni”, l’iniziativa interclub promossa dalle sezioni di Vicenza, Bassano, Cittadella e Schio-Thiene del Panathlon. C’è stato spazio per il racconto delle esperienze personali dei campioni, protagonisti di lungo corso del rugby, incalzati dalle domande del giornalista sportivo Elvis Lucchese. È emerso che Mauro Bergamasco e Matteo Barbini hanno almeno tre cose in comune. Entrambi figli d’arte – il primo di Arturo, l’altro di Gianfranco, rugbisti azzurri negli anni ’70 – hanno iniziato la loro carriera col Petrarca, per poi indossare la maglia azzurra.«La scintilla è nata da papà nel Novanta – ha affermato Barbini – che mi ha introdotto a questo gioco insieme al papà di Mauro». «Le analogie si sprecano – ha aggiunto Bergamasco – e il divertimento da bambini in campo aumentava quando c’erano le pozzanghere. A onor del vero, io e mio fratello Mirco, prima di dedicarci al rugby abbiamo fatto un po’ di ginnastica artistica ma non faceva decisamente per noi». È toccato poi a Vittorio Munari, colonna del mondo ovale veneto e italiano, con una lunga carriera da giocatore, allenatore e dirigente. «Il rugby non contempla gli alibi – ha sottolineato – Nella vita quotidiana abbiamo sempre tanti piani B. Nel rugby invece non ci sono scuse. Vince sempre il più forte. È uno sport crudo. O abbatti chi ti sta di fronte in campo o non fa per te». Una definizione dello sport schietta, severa ma giusta da parte di un uomo competente e carismatico che, da commentatore delle gare dell’Italia su DMax, ha il grande merito di aver sdoganato il dialetto veneto nelle telecronache. «L’atleta deve mettersi nelle condizioni di alzare sempre la propria asticella – ha proseguito Munari -. Quando in campo uno porta la palla è leader di se stesso e degli altri che salgono. Per competere ci vuole fede, la capacità di prendere decisioni e di sostenere quelle dei compagni». «Il 70% dei miei emolumenti in tv dipendono dalla presenza di Munari – ha scherzato Antonio Raimondi, telecronista di DMax che pesava 98 chili e voleva fare il fantino -. Il rugby mi ha lasciato un dolore al collo e tanti amici come Vittorio che mi hanno fatto crescere».Durante la serata, resa possibile da Marzio Innocenti, socio Panathlon e presidente del Comitato regionale, è stato proiettato un video, presentato da Jonny Moletta, presidente del club di Cittadella, in cui è stato rappresentato nel migliore dei modi il vero volto del rugby e il percorso che ogni singolo atleta può percorrere. Per Luigi Battistolli «la serata è stato un successo». Le iniziative del Panathlon ripartiranno a settembre.