Il Giornale di Vicenza, 6 Ottobre 2015
Ha attraversato lo stretto di Gibilterra in 4 ore e 37 minuti. L’uso delle gambe perso per un incidente.
I suoi piedi non si muovono e non ha il controllo completo delle gambe a causa della lesione spinale riportata dopo un incidente avvenuto 25 anni fa. La disabilità, però, non l’ha fermato: giovedì 24 settembre Enrico Giacomin, atleta 48enne della Nuoto Vicenza, ha attraversato con la sola forza delle sue braccia lo stretto di Gibilterra. Il vicentino, di origine duevillese, ha percorso a stile libero in 4 ore e 37 minuti i 17 chilometri che separano Isla de las Palomas in Spagna da Punta Almansa in Marocco. L’evento ha anche avuto come scopo la raccolta di fondi per contribuire all’avviamento dell’attività natatoria del Nuoto Vicenza per ragazzi con disabilità fisiche o visive. Il successo è arrivato dopo la partecipazione di Giacomin nel 2014 ad una staffetta nella Manica. Sfortunatamente, l’impresa tra Francia e Inghilterra non è andata a buon fine perché una componente della squadra è stata bloccata dal mare mosso a cinque chilometri dal traguardo. L’insuccesso, anziché lasciare spazio alla delusione, ha invece spronato il nuotatore berico a pianificare una traversata in solitaria, prova di forza che lo stesso Giacomin ci ha raccontato.Perché lo stretto di Gibilterra?È una delle sette traversate oceaniche e mi interessava molto percorrerla sia per l’aspetto simbolico che per la bellezza di quella zona. Dopo la Manica ho deciso di provare un’esperienza simile, però non più con una staffetta in gruppo ma contando solo sulle mie forze.Come hai vissuto quei 17 chilometri?Io nuoto spesso in mare aperto, ma quella dello stretto di Gibilterra è stata la traversata che più mi è piaciuta in assoluto. C’erano le condizioni meteo perfette e il mare piatto senza onde. Per un tratto siamo stati addirittura scortati da alcuni delfini. Procedevo senza sentire la fatica.Che rischi si corrono compiendo imprese del genere? Il pericolo maggiore è il mare mosso. Gli squali e le meduse non vengono nemmeno considerati.Hanno nuotato con te altre tre persone, giusto?Sì io ero l’unico disabile. Il fine di iniziative come questa è l’integrazione: nel nuoto il divario tra atleti disabili e normodotati non è così marcato come in altri sport.In che senso?C’è una scala da uno a dieci in cui le disabilità più gravi sono al livello uno. Io sono al settimo: non posso battere i piedi o a darmi una spinta in acqua con le gambe. Riesco ad usare gli arti inferiori solo per mantenere l’equilibrio. Nonostante ciò, quando gareggio nella categoria master, competendo soprattutto con normodotati, non arrivo mai ultimo, anzi nella maggior parte dei casi mi piazzo a metà classifica. Nel nuoto l’integrazione è veramente possibile.Ci sono tante persone disabili che nuotano agonisticamente? Il numero è in costante crescita. Anche grazie al supporto mediatico che c’è stato negli ultimi anni, soprattutto in occasione delle paralimpiadi di Londra e Pechino. Io dico sempre che prima di tutto siamo atleti e poi persone disabili. Anche l’opinione pubblica si sta sensibilizzando.Un aumento che vi ha fatto pensare di creare la squadra del Nuoto Vicenza?Esatto, sempre più persone sono interessate. I benefici fisici e psicologici che si ottengono con lo sport sono importantissimi. Il più rilevante, però, è il tornare ad avere una vita sociale. Io giocavo a basket prima dell’incidente che adesso mi costringe a muovermi con le stampelle o in sedia a rotelle. Poi ho continuato a giocarci in carrozzina e infine il nuoto.Hai già pensato ad altre imprese per il futuro?Mi piacerebbe percorrere la traversata oceanica dell’isola di Santa Catalina in California.